le mie..

le mie..

Monday, December 31, 2012

non ho molto da dirti, solamente ...



Non ho idea di quante persone abbiano sofferto durante quest’anno che volge al termine, non posso minimamente immaginare quante siano state le lacrime versate, e quante quelle invisibili, quelle che non sgorgano più, che non hanno alcuna ragione di esprimersi, alcuna forza. So di averne viste e vissute una piccola parte, una goccia a confronto del torrente mai appagato, mai domo, mai quieto, un corso inarrestabile. Pianti inascoltati, grida occultate da un’omertà assordante, sguardi assenti che non possono esprimere più alcun colore … calore.
Un torrente incapace di ricevere giustizia alcuna.

... addio 

raoul

Thursday, December 27, 2012

gioca con me, anche solo per un minuto.


Nelle vicinanze, piccole piramidi di patate e cipolle, una volta dentro mi accorgo che della musica sdolcinata, commercialmente romantica, fastidiosa, a dir poco fuori luogo, è entrata senza chiedere permesso. 
La vista sta ancora dando del lei a ciò che mi circonda, e un consumato seno mi da il Buongiorno ... non lontano, giacciono dei piedi gonfi che la terra da tempo ha reso indifferenti ... un bimbo il cui cervello, spappolato per chissà quanti attacchi di epilessia, cammina come se il suo corpo fosse costantemente percorso dalla corrente elettrica, lo guardo, forse accenno a un sorriso, mi gioco l’improvviso silenzio che tanto amo dandogli un fischietto di carta, di quelli che Tu usavi per le feste.

Faccio ordine nella mente, guardo le scatole contenenti ciabatte usate, una per le sinistre e una per le destre, il numero non combacia, a qualcuno mancherà uno dei due, e non per un breve periodo.

Adoro i barattoli di mastice, una cosa che non dovrebbe mai mancare, assieme a un buon coltello e dello spago resistente, chi non possiede altro sa di avere un piccolo tesoro fra le mani.

Mani acerbe, pugni chiusi che non dissero mai ciao, attendono che qualcuno le faccia sbocciare, che le dita possano aprirsi come petali di un fiore di cui nessuno conosce il nome.

Osservo i piccoli vestiti accuratamente contrassegnati, un’immagine che rincorre la mia logora ingenuità, un bisogno che non cessa, intendiamoci è un dare che benedico, ma che vorrei avesse i giorni contati, che non fosse così vitale … scusate, a volte l’utopia prende in ostaggio anche me, se pur per poco. 

raoul

Monday, December 24, 2012

un giorno come tanti, come troppi.



“Auguri di un sereno Natale” … parole vuote.

Non abbiate timore a condannarmi se considero un tale momento così poco significante, non ci vedo nulla, anzi, solo tanta ipocrisia.
Il tutto è stato svenduto, quel poco di buono che ricordavo, barattato con la più bassa forma d’indifferenza. 
Chiedo scusa a coloro che possiedono più forza di me, Piccole persone, incontrate nel mio modesto vivere, gente umile, tenace, con la fede, quella lì, che io non possiedo.
Ricordo ancora quando da bimbo scrissi su un foglietto che poi appesi sotto una scrivania malandata, erano i miei personali comandamenti, tenuti nascosti per una stupida vergogna. Tempo dopo staccai la prova del mio disagio, rilessi con attenzione ciò che un ingenuo di otto anni ebbe l’audacia di scrivere, mi ci ritrovo ancora oggi. 
Valori che continuamente mi ripeto, difficili da seguire, cadere è sempre dietro l’angolo, ma permettete di discolparmi per parte di loro, ricordandone uno solo, quello che tuttora rimane il più importante, “augurarsi il bene è cosa di tutti i giorni”, 
Farlo, del bene intendo, lo visto poche volte, il bene dato senza pretendere, senza che per forza si sappia da chi giunga, il bene come costante e mai variabile, il bene che non lascia traccia perché fatto di pura normalità, il bene che ho visto negli occhi impauriti di un bimbo fatto di stracci cresciuto nel niente di un paese qualunque, che se anche tu non conosci, credimi, potresti capire di cosa sto parlando, è il bene con cui tu sei nato, e che questo mondo lacerato, il più delle volte non ti permette di vivere.

raoul

p.s. hai proprio ragione, i narcisi d’inverno sono belli, e un giorno, li saprò riconoscere.



Saturday, December 22, 2012

il seguito? smentite e menzogne.



Elicottero targato Nazioni Unite, personale filo russo, nessun piano di volo comunicato, ore 10,00 di oggi, ABBATTUTO in Jongley State dall’esercito sud sudanese. 


raoul

Friday, December 21, 2012

a volte serve



A una persona cara che mi chiede di non divenire troppo cinico, rispondo con un’immagine …

<< delle vesti stracciate e sporche indossate da un mezzo uomo altrettanto stracciato e sporco, due braccia che da tempo non risiedono più nel suo corpo, un viso sfigurato, una bocca capace di emettere suoni così lontani da poterli considerare parole, una tasca da indicare nel caso un tuo spicciolo volesse cambiar dimora, un guardiano pronto ad allontanarlo perché non partecipe dei suoi esigui guadagni, un giovane profumato che ostenta la sua non povertà>> 

… ora chiudi gli occhi, e ripassa questa immagine dentro di te una seconda volta, e poi una terza, una quarta, e ancora, e ancora, all’infinito.

Dimmi, si può divenire indifferenti ai sentimenti, e aggiudicarsi il titolo di Cinico?

raoul, un tuo amico.

La vergogna non conosce fine



Chi ha abbattuto chi. È questo il dilemma dei Nuba.

I ribelli pronti a prendersi il merito di aver colpito un Mig sudanese, la controparte a replicare che un guasto tecnico è stato la causa dell’incidente, l’unica cosa certa è che prima di esplodere e uccidere il pilota, i confetti BOOM hanno mietuto vittime fra i civili.
Gli aiuti non arrivano, le carte di Addis Abeba servono a riempire archivi insanguinati, numeri che saranno riportati in un futuro molto lontano, che saranno usati come Finto monito perché ciò non accada ancora.
Troppo importante l’oro nero del vecchio Sudan, troppo volutamente disattenta la comunità internazionale per ammettere che quel confine così disordinato, che quell’esodo di massa, serve, a tanti, a troppi.

Quindi, madri e figlie che dopo aver abbandonato mariti e padri perché stanchi di subire hanno gettato le zappe e preso le armi, e dopo giorni di cammino, di stenti, di malattie, raggiungete quelle fogne chiamate “campi per rifugiati” nel nuovo Sud Sudan, e siete costrette a subire ogni sorta di violenza morale e fisica da coloro che in teoria hanno il compito di proteggervi, sapete chi dovete Ringraziare.

l'ingenuo scribacchino

Tuesday, December 18, 2012

L'anno passato, era il 25 settembre



Sai, non pensavo fossi tu … ero in una squallida camera da pochi dollari, ero in viaggio, ero sporco, ero incazzato.
Senza luce e con una batteria che chiedeva di essere rigenerata, guardavo i minuti, nel mentre mi domandavo di chi fosse quell’ultimo messaggio così pesante, chi poteva avermi fatto un tale torto … i minuti, la poca connessione, il volersi lavare e allo stesso tempo credere che se mi fossi allontanato tutto sarebbe andato perduto, e avrei dovuto aspettare per sapere chi mi avesse scritto.
Accesi una sigaretta, presi un pezzo di pane dallo zaino, umido, meglio di niente, acqua calda da bere, slacciai i sandali, e i minuti, sempre loro, semplicemente bastardi nel consumarsi … cominciai a convincermi che fosse importante, trascurai di leggere i messaggi già ricevuti, avevo timore che toccare la piccola tastiera desse un banale motivo al signore Etere di non rimanere connesso con me.
Il tempo mi braccava, se ci fosse stato un improbabile venditore ambulante di energia elettrica, lo avrei pagato, sopraffatto, qualunque cosa pur di sapere chi. 

Iniziai a sorridere, qualcosa mi spinse verso di te, non saprei dirti il motivo, forse una speranza, doveva essere per forza qualcosa di bello, non avrei accettato nient’altro, mi sarei accontentato anche di un semplice ciao, purché fosse il tuo.
La luna mi accompagnava, la pregai di illuminare il mio polveroso dispensatore di messaggi … mancava poco, ancora pochi attimi, e il mio desiderio sarebbe stato esaudito, ne ero ormai certo, e così fu.

Non lessi tutto, saltai le parole, come un fuggiasco in cerca di un riparo sicuro, aprii l’allegato, nulla avrebbe potuto distrarmi dal farlo, era la tua voce, dolce come sempre, gli stessi brividi che provavo quando ti sentivo chiudere la preghiera del mattino dalla mia capanna sui monti Nuba.

Sai, non vi è giorno che mi dimentichi di ascoltarla, anche ora che scrivo, che attendo fino a quel click del registratore, quel tasto che sembra volermi dire ciao, quel saluto che poteva, doveva essere soltanto il tuo.

... abbraccia per me quel bimbo di stracci con il mio nome sulle spalle.

Ti voglio bene Anns,

raoul

Sunday, December 16, 2012

la solita merda



A chi frega che i viveri targati U.N. si trovino nelle merdose bancarelle.

A chi frega che auto “donate” dalle agenzie internazionali vengano utilizzate tipo Auto di Piacere.


A chi frega che una stronzetta del WFP non conosca neppure le origini della popolazione che risiede nel campo rifugiati.

A chi frega che alla stessa stronzetta venga corrisposto un stipendio mensile che potrebbe coprire il fabbisogno alimentare di un bimbo rifugiato e non, per i prossimi 6 anni.

A chi frega che la magliette azzurre di UNICEF e  UNCHR siano le più in voga … ancora e ancora ... quasì pià di Messi.

A chi frega che i rapporti delle Nazioni Unite siano sempre tardivi, falsati dalle esigenze del tipo “vogliamoci bene altrimenti ci mandano via, e rimaniamo disoccupati”, vedere Abyei e Jonglay State.

A chi frega che in determinati campi rifugiati, i disgraziati residenti vengano costantemente “mantenuti di numero”per una strana esigenza, ALTRUI.

A chi frega che un certo tipo di aiuto umanitario, la quasi totalità, crei una dipendenza e un sottosviluppo costante, pari a un drogato che uscito dall'eroina non può più fare a meno del metadone, mi spiego meglio, dalla fame alla ciotola di riso, poca ma pur sempre garantita. MATEMATICA DEL SEMPRE BISOGNO.

una serena notte, interessata, dall'ingenuo scribacchino.


Thursday, December 13, 2012

fra te e me



Vorrei tanto raccontarti, vorrei soffocare quella fuga che non conosce stanchezza alcuna, che perseguita l’animo mio. Impedirle di giocare con quel poco che rimane di questa vita abbattuta, di questo respiro affannato. 
Di abbracci sono stato avaro, ho centellinato il mio sentire, ho ingannato il mio bisogno di starti vicino.

Tu che mi conosci non abbandonarmi, mai.

raoul


p.s. a breve, l'ingenuo scribacchino.

Saturday, December 8, 2012

non ti chiedo molto



Parlo a te, bimbo che di stracci non sei fatto, mi rivolgo a te che forse hai ancora quel qualcosa che non ti vieta di rimanere insensibile.

Non ho spensierate favole da raccontare, segreti di mondi lontani da sussurrare, non ho giochi con cui farti svagare, non ora. Ho unicamente parole, sguardi, silenzi che un domani vorrei tu non ne facessi una normalità facile da trascurare. Vorrei che tu mi ascoltassi, desidererei che per un attimo tu allontanassi dalla mente il mondo sereno che per fortuna vivi, che quotidianamente, a ogni tuo battito cerchi di conoscere, di catturare, di plasmare, perché è anche tuo.

Quando ti siedi a tavola, col fratellino al tuo fianco, la mamma al suo, e tuo padre di fronte, la televisione sintonizzata su uno dei tanti notiziari, troppo chiassosi di parole vuote, spegni il “sonoro” che è dentro di te, fissa le immagini, i tuoi occhi acerbi lo possono ancora fare, ascolta il silenzio di quei visi, piccoli come il tuo, guarda oltre, osserva ciò che oramai in troppi non vogliono sentire. 

Permetti al dolore di quel mondo di attraversarti, ti assicuro che non ti lascerà cicatrici, ti prometto che ciò che proverai, anche se forte, non sarà inutile, ti giuro che il vuoto che sentirai non sarà neppure lontanamente paragonabile a ciò che quei piccoli bimbi di stracci nascosti nelle fessure di quelle montagne stanno vivendo. 

Loro non ti chiederanno mai di rinunciare a ciò che ti appartiene. 
Loro ti chiederanno di non dimenticarli, che almeno tu, sappia che sono fieri di essere stati dei Nuba.

Ti ringrazio di avermi ascoltato, ora riaccendi il sonoro, è il momento del dolce.

buonanotte ...

raoul

Thursday, December 6, 2012

intorno a me.



Una piccola caraffa, rosso plastica, in cui spegnere sigarette che per quanta compagnia possono darti, fanno sempre male.

Una zanzara galleggia compiaciuta nel tuo non più bollente caffè, non osi disturbarla e tantomeno berla.

Un vecchio stuzzicadenti gioca a nascondino nel tuo taschino, e se volessi sforzarti, ricorderesti l’attimo in cui gli desti rifugio.

Adorabili insetti si divertono a sorprenderti, una interminabile sfilata di piccoli ospiti di cui non conosci generalità, gusti e ambizioni.

Un coltello regalato da un amico, una breve telefonata per dirgli che è sempre con te.

Unghie e polpastrelli mai puliti, segno che qualcosa di buono è stato fatto.

Una lampadina da pochi centesimi riposa in pace, chissà quante cose sono state viste grazie a lei.

Un pallone, ricucito un imprecisato numero di volte, non più sferico, ma ancora buono per essere preso a calci, anche domani.

Un rubinetto rotto ma ancora funzionante, ornato da uno slip lavato durante una doccia fredda, simpatica utopia pensare che sia pulito.

Una vecchia banconota per rammentarti su quale parola il tuo sguardo si congedò il giorno precedente.

Un bottone, da giorni in vista, speranzoso di tornare al proprio posto, ma di ago e filo non ne vuoi proprio sentir parlare.

Una penna, blu, per annotare pensieri che ai molti non diranno nulla ma a te sì.

Un’immagine sfocata di una persona cara che prima o poi rincontrerai.

Una musica, sempre la stessa, che ami ascoltare perché ti ricorda un tempo che non ti verrà mai più restituito.

Una notte, questa, gemella di ieri e a Dio piacendo anche di domani.

ingenuamente, raoul


Monday, December 3, 2012

nessuna colpa.



Lui andava in altri villaggi, e se ci pensi, neanche poi così distanti, ogni tanto rientrava, una breve sosta per prendere parte del denaro che tu guadagnavi, salutare poco affettuosamente il figlio che solamente tu accudivi. Chissà quante cose ti avrà raccontato, e quanto poco ti avrà lasciato tutte le volte cui spariva. 
Mi sbaglio, perdonami, ha condiviso con te qualcosa d’immenso, ti ha donato una parte di lui che son certo ne avresti fatto volentieri a meno. 
Ormai il regalo lo hai aperto, il nastro che lo avvolgeva è stato tolto quella volta cui tu ricevesti quel freddo certificato, accompagnato da nessun parola di conforto, quella data rimarrà impressa nella tua memoria per sempre, al contrario del tuo compleanno di cui sai solo che pioveva. 
Forse non sapevi neppure cosa significasse, ora lo sai e prendi il trattamento, ma ormai sei segnata, sei una povera sieropositiva, con carico un figlio, sei merce avariata.

Vai avanti ugualmente, da quel giorno hai messo parte abbastanza da poter costruire una stanza in cemento, ma ti occorre il permesso, e costa caro. Soldi o sesso a rate, questo ti è richiesto, e si sta parlando di sesso “sciolto”, nessun Guanto. 
Allora dimmi, a questo Stronzo che pretende da te della ginnastica per dare un tetto a tuo figlio fortunatamente “non come te”, cosa risponderai?

Non ho da darti nessun consiglio, solo ricordarti che tra quel pezzo di merda che fece di te uno Scarto e il funzionario non vi è alcuna Differenza.

a voi tutti, una serena notte.

Sunday, December 2, 2012

numeri, fantasia, e tanti se



Dovrei essere abituato, vaccinato, la cosa non dovrebbe catturare il mio pensiero, perlomeno non per troppo tempo ...

<< 42 gradi che ti seguono instancabilmente, un’umidità che ti ricorda che sei fatto di acqua e ossa, la sigaretta da tre centesimi di euro che quasi si accende da sola, una gengiva dolorante, e la mente opportunamente disordinata, cos’altro desiderare? Guardo i sandali consumati portare a spasso quelle estremità che a chiamarle piedi dovrei mettermi in fila dove distribuiscono gratuitamente la cosa più importante che si possa sognare da queste parti, la Fantasia.

Dimenticavo, nulla è gratis.

Continuo, giro l’angolo di un sentiero mal tracciato e mi imbatto in un cartello blu e bianco, uno dei tanti, se avessi impresso nella mia memoria tutti gli spazi pubblicitari, perché è così che amo definire la segnaletica delle varie agenzie delle Puttane, Nazioni Unite, e se per ognuna ci fosse stata una moneta, potrei tranquillamente rivestire questa strada di merda che sta colorando le mie fottute dieci dita.

Dicevo, quanti cartellini, “donato da … a favore di”, scuole, che se tu, che mi leggi andassi a controllare quanto sono costate, potresti pensare che in questo posto dimenticato dall’uomo medio/mediocre, il risultato è pari al castello di Versailles. Invece sono due edifici di ben poco cemento, un po’ di lamiera e tanta fantasia, già perché loro di quest’ultima ne possiedono molta, altrimenti come farebbero ad aiutare il mondo intero corrompendolo con un 99 per cento di falsità misto a quel misero 1 di verità reclamizzata fatta di numerini.

Sorrido pensando che in quei pollai 5x2 definiti aule, settanta bimbi fatti di stracci dovrebbero imparare un qualcosa ben lontano dalla tanto decantata istruzione.

Noto un ruscello di acqua sporca, decido di scoprire se il numero delle mie dita è sempre pari a dieci, immergo i piedi, e il sollievo che provavo si trasforma immediatamente in imbarazzo, poco distante una madre sta raccogliendo l’acqua non più tale, chiedo scusa, lei mi sorride, ed io volgo lo sguardo a monte, un uomo sgraziato sta pisciando, penso ai miei piedi e a ciò che cucinerà quella ragazza mai stata bimba a suo figlio che se le varie diarree lo risparmieranno diventerà uomo, forse.

Ma nel pacchetto della nuova Versailles non era incluso un fottutissimo pozzo? 
>> 

... no, non mi abituerò mai.

raoul, l'ingenuo scribacchino